qwatz – contemporary art platform presenta la rassegna ‘Cinema Extention’ all’interno del RAFF – RomAfrica Film Fest alla Casa del Cinema di Roma. Tredici video, in prima assoluta in Italia, realizzati da artisti africani provenienti da Paesi della fascia Sub Sahariana.
I video rispondono a tre principali nuclei tematici:
• il dialogo tra cultura Africana e cultura occidentale interpretato dalle nuove generazioni.
• la messa in discussione degli stereotipi culturali e di genere.
• le trasformazioni urbane e sociali, specchio delle dinamiche politiche ed economiche in atto.
L’introduzione di un focus sulla video arte all’interno di un festival dedicato al cinema sottolinea come l’incontro tra il video e le arti visive generi continuamente una dimensione sperimentale che apre canali di produzione e distribuzione alternativi e la possibilità di dar voce ad interpretazioni simboliche della realtà. Il punto di vista degli artisti completa e argomenta la prospettiva mediatica e politica con un approfondimento legato all’esperienza diretta delle persone, nella prospettiva di un’analisi sociale e nell’affermazione delle diverse identità culturali.
All’interno di una cornice simbolica, Rehema Chachage (Tanzania) affronta questioni di genere attraverso la percezione della fisicità nello spazio e nel tempo. Un approccio simile è quello di Dimitri Fagbohoun (Benin) che tratta temi legati alla memoria e alla politica, cercando il valore poetico e più prettamente umano dell’esistenza. Em’Kal Eyongakpa (Cameroon) utilizza storie reali e memoria collettiva costruendo un ritmo narrativo fatto di ripetizione e trasformazione, tra realtà e illusione. Il video dei Monster Truck – unico gruppo europeo selezionato, formato da artisti tedeschi che hanno lavorato in Nigeria – attraverso un’interpretazione contemporanea del mito di Mami Wata, racconta l’incontro tra Africa ed Europa. Lavori più marcatamente performativi sono i video di Lerato Shadi, artista Sudafricana che utilizza il proprio corpo come misura della presenza e dell’assenza in rapporto all’identità di oggetti e spazi. La Keniota Ato Malinda si concentra principalmente sul tema del femminismo africano, che interpreta attraverso la sua esperienza nel proprio ambito sociale di appartenenza. Admire Kamudzengerere (Zimbabwe) racconta i complessi codici di una società multiculturale in un linguaggio video fortemente simbolico, tra performance e teatro. L’Etiope Helen Zeru Araya cerca il contatto con il pubblico entrando nel vivo della quotidianità urbana. Nella prospettiva del documentario, della fotografia e della fiction si muovono: Mudi Yahaya (Nigeria), che con un tocco d’ironia descrive i cambiamenti sociali in atto rivendicando la necessità di un cambiamento; l’Etiope Robel Temesgen cerca di sottolineare e comprendere le trasformazioni della sua realtà, con un’attenzione particolare ai contesti urbani; Zanele Muholi, visual activist Sudafricana, una delle voci più attive nella difesa delle donne lesbiche nere sudafricane, utilizza principalmente la fotografia e viene qui presentata in un’intervista nella quale introduce gli obiettivi e le motivazioni del proprio lavoro. I lavori video di Kiripi Katembo (Congo) e Ezra Wube (Etiopia) si riferiscono spiccatamente alla pittura, grazie alla quale realizzano sperimentazioni visive e processi compositivi per raccontare le trasformazioni sociali e urbane.